"Ama il prossimo tuo come stesso" " Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro " (Mt 7,12; Mt 10,19)
Questa esortazione evangelica, in particolare, mi ha accompagnata durante tutte le festività natalizie, nelle quali ho assistito mia madre ricoverata in ospedale dove ho incontrato tanta gente che, pur diversa in età, sesso e nazionalità, aveva in comune lo sguardo segnato dalla sofferenza. In alcuni, si intravedeva la speranza di una totale ripresa, in altri lo sguardo era interrogativo, alla ricerca di un perché e tuttavia costretti ad accettare una realtà che non si poteva cambiare malgrado gli sforzi della medicina. Ho pregato tanto per ciascuno di loro perché Gesù, che ne guarì molti in Palestina, si portasse anche lì e gli ammalati fossero sollevati dalla Sua Presenza vivificante.
E' difficile nella sofferenza conservare la serenità e la speranza. Il mondo interiore del malato inevitabilmente è pervaso da tante ombre: tristezza, abbattimento e spesso ribellione interiore; viene la tentazione di sentirsi abbandonati da Dio. (C.f.r. pensiero del S. Padre sulla sofferenza)
E' necessario recuperare il senso profondo della nostra esistenza ossia la consapevolezza e la certezza di avere un Padre che ci ama e dispone tutto per il nostro bene, anche la sofferenza. D'altra parte Lui per primo ha vissuto quello che ci chiede, Egli ci ha redenti dall'alto della Croce e noi siamo chiamati a ripercorrere le strade del Maestro. Egli ha percorso la via del Calvario ed ha chiesto a noi di seguirlo: " Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua Croce e mi segua..." ( Mc 8,34 )
Gesù ci invita a prendere la Croce seguendo il suo percorso, un percorso che conduce ad una meta sicura, quella della salvezza eterna. Ma lo crediamo veramente?
Veramente Gesù ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” ( Mt 8,17 ) fino al punto da sentirne il peso.
Nel Getsemani l'intensità del dolore lo colse così profondamente da fargli sudare sangue e implorare una resa " Padre se vuoi allontana da me questo calice, però non la mia, ma la tua volontà si compia". Chiese agli apostoli la condivisione del dolore attraverso il sostegno della preghiera, ma rimase solo.Inchiodato alla Croce, Gesù, straziato dal dolore fisico, pur essendo profondamente in comunione con il Padre, mentre si stava compiendo l’atto estremo e unico della redenzione, ha gridato:“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?". In quel grido c'è il peso insostenibile del dolore fisico oltre che spirituale, ma grazie a quell'ingiusto dolore si sono dischiuse le porte del Paradiso. Anche per noi la sofferenza è un biglietto d'ingresso per il Paradiso. Il malato è associato alla vita di Cristo. "Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua resurrezione". (Rm 6.5) Gesù non ci lascia soli e sapendoci bisognosi gli uni degli altri, ha esortato i sani a visitare gli ammalati.
Lui stesso è venuto a visitare i suoi figli feriti dal peccato e così ha fatto pure Maria S.S. quando si è recata in tutta fretta dalla cugina Elisabetta per prodigarle le sue cure.
Il nostro Papa nel documento "Salvifici doloris" dice: "Nel programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del Regno di Dio, la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore e per far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana in civiltà dell'amore".
Stare accanto ad un ammalato ci porta a riflettere sul vero valore della vita e della persona che ci vive accanto.Tutti e sempre siamo bisognosi di amore, attenzioni e delicatezze, di questi valori, forse, "riusciamo" a farne a meno quando stiamo bene e siamo autosufficienti, ma quando ci ammaliamo nel corpo e nello spirito la solitudine ci consuma più che la malattia stessa. Abbiamo bisogno di condividere con gli altri le gioie, ma sopratutto il dolore. L'affetto e le attenzioni, dei propri cari e degli stessi operatori sanitari, ridanno vigore al cuore e alla mente, comunicando una forte capacità di ripresa perché c'è un motivo in più per vivere in pienezza : l'amore. L'amore è vita e muove la vita. Non facciamoci prendere dalla fretta e dalla frivolezza, diamo valore alle nostre azioni: un sorriso, un pò di compagnia, un aiuto concreto, quest'ultimo, in particolare, deve essere una prerogativa degli operatori sanitari, soprattutto degli infermieri che sono i primi a cui il malato comunica i suoi disagi per essere aiutato. Non diamo niente per scontato, prendiamo in considerazione le difficoltà e prodighiamoci per trovare il modo di recare loro anche solo un sollievo. A volte basta poco!
Quando non sappiamo cosa fare pensiamo di essere al posto del malato mettendo in pratica l'esortazione di Gesù :" Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro " L'amore è l'unica risposta al dolore. Fondamentale per la nostra vita è il binomio: “ Amore di Dio e amore del prossimo “.
Sr. Elisabetta