Da quando si nasce non c'è giornata che non ci regali qualche spina interiore che ci tormenta.
Oggi con la crisi sembra che i tormenti si siano moltiplicati.
Il tormento coglie il pensionato, coglie l'anziano, e lo coglie non solamente dal punto di vista economico ma soprattutto esistenziale: che sarà di me, dove andrò, come finirò, fuori il buio, dentro la solitudine, l'angoscia, a volte la disperazione.
Il tormento coglie anche l’intimo dei giovani, provocato dal desiderio di voler possedere un bene che non da spazio né alla libertà delle persone, né alla spiritualità dei sentimenti, tormento per sé, tormento per gli altri, tormento che sempre più spesso arriva a togliere la vita.
Guardiamo questi giovani tormentati per la scuola, per i loro esami, per il lavoro che non c’è, per il futuro.
Che travaglio e che dolore nel profondo!
E quante coppie si tormentano a vicenda, soffrono profondamente, dallo spasimo di un’incomprensione all’insofferenza reciproca.
Mamme e nonni guardano, silenti ma pensierosi, ai loro figli e ai loro nipotini, vanno avanti certamente ma verso dove, non si sa.
Cristo ci apre una porta.
Questo tormento e questo travaglio non sono senza senso se innestati in Cristo, se ci poniamo alla Sua sequela: “Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua “ (Mt 16,24).
Quando siamo di fronte al buio, alla malattia, alla sofferenza, quali rimedi prendiamo?
Siamo tentati a prendere la risoluzione più facile, la strategia più comoda:
abbiamo un malato?
Togliamolo di mezzo, perché farlo soffrire?
Abbiamo un vecchietto da sistemare? Sistemiamolo con l'eutanasia.
Marito e moglie non si capiscono? Dividiamoli, diamo loro il divorzio.
E’ in arrivo un bimbo ma la donna non lo desiderava o la famiglia ha problemi economici e non può crescere un altro figlio? Buttiamolo nella bacinella.
Non si trova lavoro e viene proposto qualcosa di illecito? La si accetta, perché ci si deve affermare.
E ancora a tanti problemi, altrettante soluzioni, non in sintonia con la propria coscienza, con la legge morale naturale.
Cosa fare? Dove andare? Come realizzare il bene, se c’è il tormento del posto, del futuro, del cibo…?
Il Signore dà una risposta, che per i nostri gusti sembra un po' anacronistica: “Perché ti preoccupi tanto del vestito, di che mangerai, berrai... (cfr Mt 6,25).
e il profeta Isaia ci ricorda: “dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e una numerosa discendenza”. Accogliamo le Parole del Signore nella nostra vita e avremo la luce, la vita eterna, la gioia senza fine.
Stimo - dice S.Paolo - che “tutte le sofferenze di questo mondo non sono paragonabili alla gioia futura” (cfr Rm 8,18), la nostra speranza è piena di certezze.
I testimoni della fede, i Santi, ci hanno insegnato che nella notte, nel buio profondo, nella tentazione di disperazione per il ritardo di Dio, sono rimasti fedeli, e offrendo il proprio sacrificio, in unione a quello di Cristo, hanno visto la luce della resurrezione.
Allora questo nostro intimo tormento non ha come termine un vicolo cieco, un muro sbarrato ma la luce perpetua .
Dio stesso, fatto Carne, ci ha indicato come dobbiamo accettare l'intimo tormento: vieni dietro di me, rinnega te stesso prendi ogni giorno la tua croce e seguimi.
Se c’é l'amore, la comprensione e un tozzo di pane ce la faremo.
Sor. Silvana