Nel precedente bollettino ho sinteticamente presentato la Lettera apostolica “Porta Fidei”, con la quale è stato indetto l’Anno della Fede.
Come già ricordato, l’Anno della Fede è stato indetto anche in occasione del cinquantesimo anno dall’indizione del Concilio Vaticano II.
Quest’anno di grazia, come afferma la Lettera “Porta Fidei”, offrirà varie occasioni per approfondire la conoscenza dei principali Documenti del Concilio Vaticano II .
Il Concilio Vaticano II è il XXI Concilio Ecumenico della Chiesa cattolica, fu celebrato a Roma, nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dall'11 ottobre 1962 all'8 dicembre 1965. sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI.
Il Concilio è l’assemblea suprema della Chiesa Cattolica ed è composto dal Papa, dai Patriarchi, dai Cardinali, dai Vescovi e dai capi degli ordini religiosi (solo quelli maschili). Un Concilio prende decisioni in materia di legislazione ecclesiastica, dottrina e liturgia, ma per essere valide le sue decisioni devono essere approvate dal Papa, che resta il capo assoluto della Chiesa cattolica. In tutto la Chiesa cattolica ha tenuto ventuno Concili Ecumenici in 1700 anni. Il Concilio si dice Ecumenico o universale, quando sono presenti tutti i vescovi del mondo.
Ogni Concilio prende il nome dal luogo nel quale si tiene – ad esempio Concilio di Trento o Concilio di Nicea.
A inaugurare il Concilio Vaticano II fu Papa Giovanni XXIII, il Cardinale Angelo Roncalli, dai più conosciuto come “il Papa buono”. Con l'elezione del Cardinale Angelo Roncalli al soglio pontificio molti pensarono subito a un papa di passaggio, data l’avanzata età: aveva 78 anni quando fu eletto Papa. In realtà lasciò un segno indelebile nella storia della Chiesa. Tre mesi dopo l'elezione annunciò ai cardinali riuniti, nella Basilica di San Paolo, un sinodo romano, un concilio ecumenico e l'aggiornamento del codice di diritto canonico. Non pensava certamente a un concilio di condanne o anatemi, ma a un concilio di dialogo con tutti e di aggiornamento. Infatti, il concilio assunse subito una marcata natura "pastorale": non si proclamarono nuovi dogmi (benché siano stati affrontati dogmaticamente i misteri della Chiesa e della Rivelazione), ma si vollero interpretare i "segni dei tempi" (Matteo 16, 3); la Chiesa avrebbe dovuto riprendere a parlare con il mondo, anziché arroccarsi su posizioni difensive.
La sera dell’11 ottobre 1962, il giorno in cui era stato convocato il Concilio, piazza San Pietro era gremita di fedeli che chiedevano al Papa di affacciarsi. Giovanni XXIII si affacciò al balcone e tenne un discorso a braccio. Fu quello che passò alla storia come il “Discorso della luna” e che terminava con le parole: «Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza».
In quei giorni il Papa sapeva di avere un tumore allo stomaco che gli avrebbe impedito di portare a conclusione il Concilio.
Giovanni XXIII morì nel 1963, prima di poter portare a compimento i lavori del Concilio. Gli successe Paolo VI e molti pensarono che il nuovo Papa avrebbe fermato i lavori del Concilio, lavori che stavano già cominciando a rivoluzionare molti aspetti della Chiesa. Paolo VI invece portò i lavori al loro compimento naturale.
Nel suo primo discorso da pontefice ai padri conciliari, il Cardinale Montini indicò anche quali fossero gli obiettivi primari del Concilio:
1.
Definire più precisamente il concetto di Chiesa
,
2.
Il rinnovamento della Chiesa
cattolica,
3.
La ricomposizione dell’unità fra tutti i cristiani,
4.
Dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo.
Paolo VI chiuse il Concilio l’8 dicembre del 1965.
Sacrosanctum Concilium riguardante
la «Sacra liturgia» e le
varie celebrazioni liturgiche. Il Concilio ribadì l'importanza della liturgia
come «fonte e culmine» della vita ecclesiale, Cristo è
sempre presente nella sua Chiesa e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È
presente nel sacrificio della Messa. È presente nei Sacramenti. È presente
nella sua Parola quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura. È presente
quando la Chiesa prega e loda.
" È necessario che i fedeli siano formati a una
piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche”.
" Per una maggiore comprensione da parte dei fedeli
del mistero che si sta celebrando, si concede l'uso della lingua nazionale. Il
latino rimane, comunque, la lingua ufficiale della Chiesa e di tutte le sue liturgie.
Lumen Gentium riguardante la Chiesa. Tra tutti i
documenti conciliari, il più importante fu la costituzione dogmatica Lumen Gentium,
definita da Paolo VI la «magna charta» del
Concilio Vaticano II. “Essendo Cristo la luce
delle genti, questo Santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, ardentemente
desidera, con la luce di Lui splendente sul volto della Chiesa, illuminare
tutti gli uomini annunciando il Vangelo ad ogni creatura". La
Chiesa venne innanzitutto definita come sacramento
di Cristo, «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto
il genere umano» e Suo «corpo mistico», «popolo di Dio». Pose in evidenza la triplice funzione: sacerdotale, profetica e
regale di tutti i battezzati.
E’ riconosciuta l'importanza dei laici all'interno della
Chiesa, ne sono riconosciuti i ministeri e i carismi propri. Il carattere
secolare è proprio e peculiare dei laici: vivono nel secolo, cioè implicati in
tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni di vita
familiari e sociali, di cui la loro esistenza è come intessuta. I laici
sono, così, visti come i cristiani che assumono una specifica funzione,
"ricondurre il mondo a Cristo", testimoniare la propria fede nelle
realtà temporali.
Dei Verbum (sulla Parola di Dio). Questa costituzione conciliare ricolloca al
centro della vita della Chiesa e dei singoli cristiani la Bibbia. I primi missionari
del Vangelo per loro stessa vocazione sono gli apostoli e i loro successori
(vescovi e presbiteri).
Ribadisce l'ispirazione dello Spirito Santo sui libri
della Bibbia: "Insegnano con certezza, fedelmente e senza errore, la
verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnato nelle S.
Scritture". Afferma la necessità “che i
fedeli abbiano accesso alla Sacra Scrittura". Giudica importante avere
traduzioni nelle varie lingue nazionali sempre più conformi ai testi originali.
Si esortano tutti, sacerdoti e fedeli laici a una lettura continua della S.
Scrittura per la crescita nella fede e nell'unione con Cristo. La lettura della
S. Scrittura deve essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca
il dialogo tra Dio e l'uomo. La S. Scrittura deve essere corredata da
note esplicative.
Gaudium et Spes (sulla Chiesa nel mondo contemporaneo). Questa Costituzione è detta "Pastorale" perché intende proporre l'atteggiamento della Chiesa in rapporto al mondo e agli uomini dell’attuale contesto storico. I padri conciliari posero l'attenzione della Chiesa sulla necessità di aprire un proficuo confronto con la cultura e con il mondo. Si considerò pertanto compito della Chiesa, dei laici in primo luogo, ma non solo, quello di riallacciare profondi legami con "gli uomini e le donne di buona volontà", soprattutto nell'impegno comune per la pace, la giustizia, le libertà fondamentali, la scienza. La Chiesa s’interroga seriamente sul suo rapporto con il mondo contemporaneo e si riscopre veramente una Chiesa al servizio dell'uomo. Nella seconda parte si prendono più strettamente in esame i vari aspetti della vita e della società dando indicazioni pratiche di comportamento: Matrimonio e famiglia, amore coniugale e rispetto della vita; promozione della cultura; fede e cultura; vita economica e sociale; sviluppo economico a servizio dell'uomo; lavoro e tempo libero; vita pubblica; promozione della pace; comunità delle Nazioni; cooperazione; dialogo tra tutti gli uomini.
Nove Decreti:
Il Concilio è stato un tempo di grazia, con esso lo Spirito Santo ci ha insegnato che la Chiesa, nel suo cammino nella storia, deve sempre parlare all’uomo contemporaneo, e questo può avvenire attraverso coloro che hanno radici profonde in Dio, si lasciano guidare da Lui e vivono con purezza la propria fede. Questo era ben chiaro al Concilio, infatti, al n°49 della Lumen Gentium, ha affermato che tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità, secondo il detto dell’Apostolo Paolo: «Questa, infatti, è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3), la santità mostra il vero volto della Chiesa, fa entrare l’«oggi» eterno di Dio nell’«oggi» della nostra vita, nell’«oggi» dell’uomo della nostra epoca. (Benedetto XVI ai vescovi che hanno partecipato al Concilio Vaticano II, 12 ottobre 2012).
Si è sentito parlare delle “ermeneutiche del Vaticano II”, ovvero delle due interpretazioni dei testi conciliari che si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro: l’ermeneutica della discontinuità e della rottura” e l’ “ermeneutica della continuità”. L'una, “della rottura”, ha causato confusione e si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna, l'altra, “del rinnovamento” nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti.
L’ermeneutica della rottura: là dove ha prevalso, ha solo generato fanatismo, settarismo, ignoranza e non vera fede o vera promozione umana. Benedetto XVI, pochi mesi dopo la sua elezione a Papa (discorso Curia romana del 22 dicembre 2005), espresse una severa critica dell'ermeneutica della discontinuità: « L'ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare. Essa asserisce che i testi del Concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del Concilio. Sarebbero il risultato di compromessi nei quali, per raggiungere l'unanimità, si è dovuto ancora trascinarsi dietro e riconfermare molte cose vecchie ormai inutili. Non in questi compromessi, però, si rivelerebbe il vero spirito del Concilio, ma negli slanci verso il nuovo che sono sottesi ai testi: solo essi rappresenterebbero il vero spirito del Concilio, e partendo da essi e in conformità con essi bisognerebbe andare avanti. Proprio perché i testi rispecchierebbero solo in modo imperfetto il vero spirito del Concilio e la sua novità, sarebbe necessario andare coraggiosamente al di là dei testi, facendo spazio alla novità nella quale si esprimerebbe l'intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del Concilio. In una parola: occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito. »
L’ermeneutica della continuità: il Concilio Vaticano II va letto e interpretato alla luce e in continuità con il magistero della Chiesa precedente e successivo al Concilio ovvero alla luce della Tradizione senza rotture, senza cambiamenti sostanziali. Il Vaticano II, né ha voluto, né poteva cambiare le verità dogmatiche della fede cattolica.
Ogni presunto cambiamento della sostanza della fede cattolica, dei dogmi della fede cattolica, della Tradizione di sempre della fede cattolica, in ragione di un presunto “spirito del Concilio”, è squalificato in partenza.
Sono possibili solo cambiamenti pastorali. Gli unici elementi titolati a indicare cosa voleva il Concilio e quali scopi esso si è dato, sono i documenti stessi del Concilio, i quali si presentano in vesti e modalità differenti (costituzioni, decreti, dichiarazioni), ognuno con la sua nota teologica. Il Vaticano II ha affermato esplicitamente:
“Questo Concilio insegna nuovamente ciò che fu dichiarato dai precedenti Concili e dai Romani pontefici” (cfr. L.G., n. 1). Ogni esaltazione del Vaticano II a scapito o contro i precedenti Concili, è contro il Concilio stesso.
Nel discorso alla Curia romana del 22
dicembre 2005 – Benedetto XVI ha ribadito il concetto dell’ermeneutica della
continuità, senza timore di essere segnati «col marchio infamante di “pre-conciliari”»; «tradizionalisti ribelli» o
«integralisti».
Il secondo testo che padre Giuseppe affidò a noi, Apostoline, dopo la Sacra Scrittura fu il Concilio Vaticano II che regalò a ognuna di noi. Ricordo che già nel 1990 Padre Giuseppe ci insegnava che il termine pre-conciliare era inappropriato perché la Chiesa si pone in un cammino di crescita, di lettura dei segni dei tempi. E con lo spirito della “continuità” ci ha presentato il Concilio, affidandoci in vari periodi lo studio di un documento conciliare.
A cura di sorella Marisa