Sant’Alfonso Maria de Liguori:
la scelta degli ultimi…
per annunciare la “copiosa apud eum redemptio”
Sono passati ben 170 anni (26 maggio 1839 – 26 maggio 2009) da quando Papa Gregorio XVI decretava la Canonizzazione del beato Alfonso Maria de Liguori, missionario, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, vescovo e dottore della Chiesa, patrono dei confessori e dei moralisti.
Alfonso Maria De Liguori nasce a Marianella (Napoli) il 27 settembre 1696 da una famiglia agiata: il padre, Giuseppe de Liguori, era un nobile cavaliere del seggio di Portanova nonché ufficiale superiore della marina militare; la madre, Anna Maria Caterina Cavalieri, una nobildonna, originaria del Brindisino.
Dopo una solida formazione umana e giuridica (conseguirà, infatti, la laurea in legge a soli 16 anni, e a 19 anni eserciterà, con passione e successo,la professione di avvocato, diventando uno dei più rinomati del foro partenopeo), deciderà di abbandonare il mondo, seppur la contraria volontà del padre, e consacrarsi al Signore. A 30 anni sarà sacerdote del clero napoletano e il suo raggio d’azione si rifletterà sui quartieri più poveri di Napoli. La concretizzazione del suo apostolato, infatti, sarà la creazione delle cosiddette “cappelle serotine”, definite dal servo di Dio Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Spiritus Domini, scritta in occasione del bicentenario della morte di s. Alfonso, “scuola di rieducazione civile e morale”.
Col passare del tempo, matura in lui la chiamata al servizio delle anime più abbandonate; per questo, il 9 novembre 1732 fonda a Scala (Salerno) la Congregazione del Santissimo Redentore, “la quale è caratterizzata soprattutto dalla predicazione itinerante delle Missioni al popolo, dagli esercizi spirituali e dall'attività catechistica. Per trenta anni (1732-1762) l'apostolato missionario porta Alfonso nelle più varie direzioni approfondendo in lui la scelta in favore dei poveri e degli umili” (cfr Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Spiritus Domini). “Nel 1762 a 66 anni, viene nominato vescovo di Sant'Agata dei Goti, sviluppando nel nuovo compito pastorale un'attività che ha quasi dell'incredibile, nella duplice direzione del ministero diretto e dell'apostolato della penna, fiaccato da una dolorosa artrite deformante, nel 1779 lascia la diocesi e si ritira a Pagani (Salerno) nella casa del suo Istituto, dove tra molte sofferenze fisiche e spirituali, sopportate con uniformità alla volontà di Dio, rimane fino alla morte avvenuta il 1° agosto 1787, all'età di 91 anni” (cfr ibid).
Alfonso teneva a cuore il destino della povera gente. Infatti, la sua attività pastorale fu improntata su due aspetti: l’annuncio della Parola e la scrittura creativa. Ha composto, per l’appunto, ben 111 opere che abbracciano tre importanti tematiche: morale, fede e vita spirituale, senza contare le Canzoncine spirituali (ricordiamo la più celebre: “Tu scendi dalle stelle”!).
“La struttura della spiritualità alfonsiana potrebbe ridursi a questi due elementi: la preghiera e la grazia. La preghiera per sant'Alfonso non è un esercizio primariamente ascetico: essa è un'esigenza radicale della natura correlata alla dinamica stessa della salvezza, ed è evidente che una tale impostazione fa capire l'importanza che la preghiera assume nella pratica della vita cristiana, come «il gran mezzo della salvezza». Alla stregua dell'opera morale e dommatica, anzi in misura maggiore, la produzione spirituale di Alfonso nasce dall'apostolato e lo integra” (cfr ibid).
Alfonso “è stato molto amico del popolo” (Giovanni Paolo II)! “La popolarità del Santo deve il suo fascino alla brevità, alla chiarezza, alla semplicità, all'ottimismo, all'affabilità che arriva fino alla tenerezza. Alla radice di questo suo senso del popolo sta l'ansia della salvezza: salvarsi e salvare. Una salvezza che va fino alla perfezione, alla santità. Il quadro di riferimento della sua azione pastorale non esclude nessuno: egli scrive a tutti, scrive per tutti. I pastori del popolo di Dio in particolare i vescovi, i sacerdoti, i religiosi sono da lui sollecitati al dono di sé per il popolo variamente loro affidato” (cfr ibid).“Copiosa apud eum redemptio”: è lo slogan che accompagna lo stemma della Congregazione, ma anche il messaggio che i Redentoristi continuano ad annunciare al mondo intero, sulla scia lasciata dal loro padre fondatore, P. Alfonso Maria de Liguori del SS.mo Redentore.
In questo anno particolare, in cui facciamo viva memoria della sua figura e della sua santità, possa sant’Alfonso essere per ognuno di noi il compagno di viaggio, l’amico, il testimone di una speranza vera, per poter conoscere quel Signore ricco di bontà e di misericordia, nostro Creatore e Redentore, che ha amato infinatamente il cuore dell’uomo, di ogni uomo della storia.
Nicola Galante