Meditiamo 
insieme

 

 

 

 

 

COSA SIGNIFICA LODARE E RENDERE GRAZIE A DIO.

 

In Apocalisse 5,13, san Giovanni ascolta l’inno di benedizione che “tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare” innalzano “a Colui che siede sul trono e all’Agnello” : “ lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli”. La lode è rivolta a Dio e all’Agnello, perché questi  porta con Sé la nostra umanità che Dio, purissimo Spirito, ha assunto in Cristo rendendosi visibile. Gli stessi onore, lode, gloria, potenza e ricchezza vanno alla Divinità come alla santissima Umanità, divina ormai, di Nostro Signore Gesù Cristo. Onorare il Corpo, il Sangue, il Cuore di Gesù significa onorare Dio: chi onora il Figlio onora anche il Padre, chi onora il Padre onora il Figlio, affinché tutti onorino il Figlio così come onorano il Padre.

 

Ma cosa se ne fa Dio dell’onore, della ricchezza, della potenza e della gloria? Dio ha bisogno di queste cose? Cosa possiamo dare a Dio, che Egli non abbia già?

L’unica azione che possiamo compiere è riconoscere che Dio è degno di gloria e di onore e che la necessità è della creatura, non è del Creatore! Dio è necessitato a Sé stesso e non ha bisogno di vedere che noi Lo preghiamo, che noi Lo onoriamo e Lo glorifichiamo. È un Amore diffusivo, che si riflette nella creazione e nel compiacimento verso il Figlio suo, Alfa e Omega, Principio e Fine di tutte le cose. Dio crea per Amore. E un riflesso di questo amore ritorna a Lui, perché Dio si compiace della Sua creatura: Dio vide che ciò che aveva creato era buono e la bontà di Dio si riflette ormai nella creazione! Ecco perché Egli fece l’uomo a Sua immagine e a Sua somiglianza: perché si specchia nel Figlio suo, ma si specchia pure nella Creazione. Il riflesso, il riverbero della Sua onnipotenza creatrice è ciò che ritorna a Lui, perché è proprietà Sua! Per cui la creatura deve esclamare: “o Dio, cosa posso donare a Te, che Tu non me l’abbia già donato”? E allora, l’unica azione di lode che può compiere l’uomo è far ritornare il riflesso della bontà e della onnipotenza di Dio a Dio stesso.

Ma la libertà dell’uomo può in un certo qual modo, a causa del peccato, impedire che la gloria di Dio in lui (perché “ la gloria di Dio è l’uomo vivente”, come diceva sant’Ireneo) ritorni al Creatore.

Ma se anche Satana  per un verso  ostacola questo rendimento di grazia, il riflesso della gloria umana torna a Dio comunque secondo giustizia perché, come dice il Libro della Sapienza, la giustizia regna sovrana. Al di là, dunque, del mancato riflesso della bontà, della gloria, della potenza, della misericordia, il riverbero della gloria umana torna a Lui secondo giustizia. E allora, quando si dice: a Te la gloria, l’onore, la potenza, non si fa altro che manifestare questo ritorno, questo contemplarsi di Dio nel Figlio suo, attraverso il quale tutte le cose sono state create e tutte, ricreate nella Sua morte e risurrezione, fanno ritorno al Padre. E la formula in cui si riassume il dono che noi possiamo fare di noi stessi e della creazione a Dio è l’azione di ringraziamento per eccellenza, ossia l’Eucaristia, la cui etimologia rimanda al verbo greco eucharizein, che vuol dire appunto “rendere grazie”. E allora l’azione della Santa Messa, che intorno all’Eucaristia ruota, si configura come un “ritorno a Dio” della lode, dell’onore, della gloria e della potenza di cui parla l’Apocalisse. Quindi la vera gloria di Dio sta nel comportarci da figli di Dio, nell’innalzare a Lui la nostra mente, secondo quel percorso che San Bonaventura chiama  “itinerario della mente a Dio” e che ci conduce a vedere tutte le cose che Dio ha fatte nella creazione con gli occhi stessi di Dio, fino a far trasparire in noi e nelle nostre azioni la gloria che il Signore ha riversato nel Suo creato. In questo modo possiamo capire che unico è il motivo per cui Dio ci ha creati: per conoscerLo, amarLo e servirLo, per darGli gloria su questa terra.

Da Lui veniamo e a Lui dobbiamo ritornare, risalendo un percorso discendente al cui vertice si colloca l’amore verso Dio, in cui consiste non a caso il primo dei Comandamenti. Infine, essere strumenti della gloria di Dio all’interno di una comunità religiosa, di un istituto secolare, significa riconsacrare la realtà e manifestarla nel suo significato divino, come opera di Dio: la scienza, le arti, quello che facciamo e quello che diciamo va ridimensionato con la Grazia e fatto risplendere dell’opera del Creatore e della Sua gloria, per restituire a Dio quello che è di Dio.

 Viviamo dunque questa vocazione, unica nel suo genere, a  riportare le cose al loro principio. E siccome in principio era il Verbo, riportiamo la realtà al Verbo di Dio, riportiamo a Dio l’universo, fino a far risplendere la gloria di Dio che è l’uomo vivente!  Sforziamoci, allora, di recuperare in noi la originaria dignità dei figli di Dio, senza lasciarci tentare dagli allettamenti umani e dalle frivolezze mondane che ci distolgono dai veri beni spirituali, gli unici che ci arricchiscono e ci rivestono di virtù profondamente radicate nell’equilibrio interiore. E’ questa la meta alla quale dobbiamo tendere con ogni impegno. Allora non arrendiamoci, non lasciamoci cadere le braccia, non deleghiamo ad altre occasioni o ad altre persone quello che spetta a ciascuno di noi nel quadro di un’assidua, quotidiana preghiera non solo orante, ma anche praticante, perché quando noi pratichiamo ciò che preghiamo, allora  sì che si dà veramente  compimento all’opera di Dio!

 

                                                                                   Padre Giuseppe      

missione nelle scuole:SANTA CATERINA (SA)  La vita e’ un dono APRILE -GIUGNO 2010