Tratto dalla sbobinazione
dell’omelia di P. Giuseppe al Convegno per le famiglie
Per entrare nel tema del convegno, tutti i guai sono cominciati con il cibo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino - disse il Signore all’uomo nel Paradiso terrestre - ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”. Ad Adamo ed in particolare ad Eva non piaceva quella “dieta”. Eva, sedotta dal serpente, che le insinuò che mangiando di quell’albero sarebbero diventati come Dio, perché avrebbero conosciuto il bene e il male, vide che quel cibo era bello a vedersi e buono a gustarsi e dunque lo colse con le conseguenze che conosciamo. Ma naturalmente infrangendo una regola data dal Creatore, già si è compiuto il male.
Il
serpente ci ha messo in mano la divisione, arma terribile per suicidarci: “conoscerete il bene e il male e sarete come Dio”, ossia io
come Dio conosco ciò che è bene e ciò che è male, non ho bisogno di rapportarmi
a Dio o che Dio con
Un’altra grande svolta nella Sacra Scrittura, avvenne proprio sulla base del cibo: Esaù e Giacobbe erano due gemelli, nati da Isacco e Rebecca. Isacco prediligeva Esaù, Rebecca invece Giacobbe. Un giorno Esaù, stanco e sfinito, cedette la sua primogenitura a Giacobbe per un piatto di lenticchie. Quando Isacco, ormai anziano e quasi cieco, sentì prossima la morte, chiamò Esaù per preparargli un piatto di suo gusto per poi impartirgli la benedizione, essendo ritenuto il primogenito, ma non lo era, perché in un parto gemellare il primogenito è quello che nasce per ultimo, quindi lo era Giacobbe. Rebecca, avendo ascoltato il colloquio, chiamò Giacobbe, gli espose il suo piano per carpire la benedizione di Isacco, lo rivestì con gli abiti di Esaù, gli cucinò un agnello, glielo mise su un piatto e lo spedì dal padre, che al termine del pasto lo benedisse. Ma ancora il cibo segna un’altra svolta nella storia della salvezza: la liberazione del popolo ebreo dall’Egitto: in ogni famiglia un agnello viene consumato prima di uscire dall’Egitto!
Ancora un problema di cibo nel deserto: il popolo ebreo è stanco di mangiare solo manna, vuole la carne, Dio fa scendere dal cielo le quaglie. La fame è la cosa più brutta che esista sulla faccia della terra! Si arriva persino a mangiare la carne dei propri simili, ce l’hanno raccontato chi ha fatto la guerra. Vi dico queste cose perché quando siamo nell’abbondanza, dobbiamo ricordarci anche di Lazzaro, il mendicante bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco, citato nel Vangelo di Luca.
Gesù ci esorta però a cercare il pane che non perisce, il Pane della vita eterna, che Dio stesso ci dona. “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Siamo chiamati e convocati a mangiare l’Agnello di Dio e ad entrare nel banchetto Trinitario. Il Regno di Dio, dice San Paolo, non è mangiare e bere, ma è gioia e gaudio nello Spirito Santo.
Il nostro cuore ha bisogno di
gioia, di pace! Quando c’è tristezza, abbattimento, insoddisfazione
si cerca di distrarsi trovando piaceri, godimenti, senza mai saziarsi. Abbiamo
bisogno di essere sfamati, e
Il
Signore ci invita a guardare gli uccelli
dell’aria, i gigli dei campi per fidarci
del Suo amore, della Sua Provvidenza. Impariamo a prendere coscienza e contatto
con chi ci sta accanto, vive con noi, a prendere contatto con
la natura, a guardare il creato e sentirsi creatura, non mettendoci al posto di
Dio, come se esistessimo noi soltanto, guardiamo il nostro limite, rendiamoci conto
che siamo creati e tutto il nostro essere vive un rapporto con l’Esistenza
sapiente. Ci vuole un pizzico di sale, di sapienza e questa sapienza è venuta a
portarcela Gesù, ancora oggi, attraverso i suoi testimoni viventi, Padre Pio,
Madre Teresa, San Gerardo, Santa Maria Faustina Kowalska,
che testimoniano la presenza viva di Gesù. Noi sentiamo la voce
del Signore attraverso
Apri la tua mente, il tuo cuore allo Spirito Santo, che ti spinge ad amare il Signore Dio tuo e il prossimo tuo, fin dall’Antico Testamento, come te stesso. Ma se tu non ami te stesso o il frutto che porti nel grembo, come puoi amare i fratelli e le sorelle, quelli che l’amore di Dio ti ha messo accanto? Cari fratelli, il nutrimento spirituale che noi adesso andremo a prendere all’altare, deve essere per noi un nuovo punto di partenza, un nuovo punto di riferimento. Dobbiamo orientare i nostri passi su Colui che ha steso le braccia sulla croce e ha donato tutto Se stesso per noi. A Lui noi vogliamo rendere grazie, vogliamo dire: - “Tuo è il Regno, tua è la potenza, tua è la gloria per sempre. Vieni Signore Gesù, perché ormai qui c’è una babilonia infinita di idee, di concetti, di questioni, a cui non c’è possibilità di rimedio se non quello della tua SS. Croce, ai piedi della quale noi vogliamo chiedere perdono, trovare riscatto. Se è vero che farmaco significa veleno, Gesù Cristo ha bevuto fino in fondo questo veleno: gli porsero del veleno ed Egli ne sorbì, ha bevuto il calice amaro sino in fondo, sino all’ultima goccia,e invitato a scendere dalla croce, non scese per amore nostro. Satana ci tenta: - “Primum vivere, se non hai il cibo che fai?” E il Signore invece ci dice: - Di queste cose si preoccupano i pagani: guardate gli uccelli dell’aria, non seminano, non mietono, eppure il Padre che è nei cieli provvede a loro, quanto più non provvederà a voi, gente di poca fede.
Non solo, ma compì il miracolo della moltiplicazione
dei pani e dei pesci, e coloro che l’hanno seguito più da vicino
hanno compiuto lo stesso genere di miracoli, per dire: - Io ti aiuterò nel tuo
lavoro, a crescere i tuoi figli, nei rapporti col datore di lavoro, ma tu
prendi ogni giorno la tua croce e seguimi, perché
questa è l’unica cosa che tocca a te fare. La tentazione di sbarazzarci della
nostra croce è una terribile realtà dei nostri giorni. Gesù non l’ha fatto e ci invita a seguire il Suo esempio, perché proprio seguendo
le sue orme noi troveremo la strada per il banchetto dei cieli, laddove la
gioia, la comunione, la felicità, non avranno mai fine. Noi vogliamo credere
alle parole del Signore, vogliamo aver fiducia in Lui,
e anche nei momenti di crisi dire: Tu sei la mia Provvidenza. L’Opera è frutto
della Provvidenza, che si è servita non dello Stato né della Provincia o del
Comune ma dei piccoli, dei poveri, che acquistavano i nostri lavoretti e ci
hanno permesso di realizzare questa realtà che voi in questo
momento state osservando. Sia gloria al Signore, Sia benedetta
Padre Giuseppe
Foto ricordo con alcuni partecipanti del Convegno del 25
Aprile. Ringraziamo
i coniugi Falivene e …………..
per la torta che anno donato in onore della festa delle famiglie.