“Che cosa è la verità” chiede Pilato a Gesù e ancora oggi alcuni pensatori, anche teologi, si pongono quello stesso interrogativo. Ancora oggi come allora la verità sembra sia quella espressa dalla maggioranza, sia una questione di relatività: è la maggioranza che stabilisce cosa sia vero e cosa non lo sia. La verità oggettiva, assoluta viene occultata dal parere della maggioranza. In base a questa cultura relativista, al parere della maggioranza si accusa oggi il Cristianesimo di arroganza, solo perché propone la Verità che salva, l’unica via che porta alla piena realizzazione dell’umanità, che conduce a Dio, alla vita eterna senza menzogna: – “Io sono la via, la verità e la vita”. Si accusa la fede cristiana di essere dispotica, assolutistica, di imporre la propria verità come assoluta. La grande molteplicità di religioni, diffuse con la nuova globalizzazione, sembra confermare non solo questo ma addirittura anche che il Cristianesimo ha inglobato in sé tutte le verità e vuole distruggere le altre religioni con il suo assolutismo.
La missionarietà della Chiesa viene scambiata come violenza alle culture, la missione come un fatto di potere.
Oggi come allora, al tempo di Pilato, è la maggioranza che detta legge: non esiste la Verità assoluta, se esiste una pluralità di religioni, esiste una pluralità di verità, ognuna di esse afferma di avere la strada che conduce a Dio, in realtà in ogni religione Dio ha seminato delle luci di verità, ma non sono la verità. La Chiesa, fedele al Vangelo, afferma che l’unica via che conduce a Dio è Gesù Cristo nostro Signore, si pone così in una posizione dissidente rispetto alla cultura dominante relativista che afferma che ognuno ha la sua verità e che il Regno di Dio non è altro che una indistinta e universale comunione di tutti coloro che cercano Dio. Ancora una volta, oggi come allora, le istituzioni statali cedendo alle rappresaglie delle tante fedi, in nome anche della stessa democrazia, della stessa libertà, tacciano la Chiesa di fagocitare ancora come nel passato le altre culture, scambiando la missione ad gentes – la missionarietà, che è il portare il lieto annuncio che Gesù è il Salvatore, il portare la promozione umana -, con un mezzo per reprimere, per allargare il potere del Vaticano, il potere del Papa, il potere della Chiesa,come un attentato alla libertà altrui.
Queste convinzioni non fanno altro che relegare la Chiesa, la Verità e Gesù e mettere le varie fedi su un comune denominatore, cioè quello tecnocratico-pragmatico, per promuovere uno status di vita sulla terra che sia ottimale per tutti i popoli, una specie di Paradiso terrestre. Questa mentalità tecnocratica- pragmatica aveva predetto all’O.N.U. negli anni ’70 che avrebbe sconfitto la fame nell’anno 2000, siamo nel 2009 e i popoli sempre più stanno morendo di fame.
Si richiede alla Chiesa, al Cristianesimo, di restituire a ciascun popolo la sua cultura, i suoi dei, perché si tende a considerare la verità non una questione di per sé unica, ma molteplice, Dio non è raggiungibile da una sola via ma da molte: ogni religione è una via a Dio, al proprio Dio, è un ritorno al paganesimo, al politeismo, al passato: ogni popolo ritorni alla sua casa, ogni popolo al suo Dio, alla sua cultura. A questa situazione la Chiesa risponde che il suo impegno missionario non è una presa di potere sul popolo, ma è l’annunzio del Cristo Salvatore e della Buona Novella. Il dovuto rispetto per la libertà religiosa e la sua promozione “non devono renderci indifferenti verso la verità e il bene”.
La cultura dominante ritiene che democraticamente ogni popolo abbia il suo Dio, per cui la Chiesa cattolica deve ridimensionarsi e rientrare nei canoni stabiliti dalla maggioranza, come diceva Giuliano l’apostata, il peccato originale della Chiesa sarebbe quello di avere un solo Dio e di scartare tutti gli altri dei (“Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altri dei al mio cospetto”).
Anche il Senato romano non volle mettere nel Pantheon Gesù Cristo, perché era un Dio geloso che non ammetteva altri dei al suo cospetto, per cui per mettere Lui dovevano cacciare dal Pantheon tutti gli altri dei.
Non esiste, quindi, la verità ma le verità, verità come pluralismo, come relativismo, si nega alla verità il suo carattere esclusivo e all’uomo la capacità di riconoscerla. La verità da seguire viene dettata dalla maggioranza che stabilisce cosa fare, si opera così solo sul piano della prassi, volendo realizzare qualcosa sulla terra (una specie di torre di Babele che tocchi il Cielo): tutti i popoli devono adoperarsi su questa terra per un regno che, grazie alle tecnologie evolute, favorisca il benessere dei popoli. E in questo programma di benessere dei popoli, di promozione del bene comune, può anche entrare la Chiesa, che però dev’essere una pedina, insieme alle altre, che partecipa al benessere e alla costruzione di un regno terreno, di un mondo migliore terreno. Fintanto che la Chiesa rientra in questi parametri di verità terrena, di un regno terreno, di un bene comune qui sulla terra, va tutto bene, ma se comincia a parlare di un solo Dio, della Verità Assoluta che è Gesù Cristo, della vita eterna, dei valori autentici e immutabili allora iniziano i dissapori, i dissensi, perché queste cose non solo sono fuori programma, non appartengono al regno terreno, ma addirittura sono da condannare. Perché? Perché tu poni Gesù, il Crocifisso che è il tuo Dio, al di sopra di tutti gli altri dei, mentre devi porLo allo stesso livello di Buddha, di Confucio, dei simboli delle altre religioni, perché vivi in una società
democratica, pluralista che afferma che non
esiste la verità universale, ma la “tua” verità
e in nome di una pseudolibertà religiosa si
preclude l’accesso alla conoscenza della
verità e all’incontro con l’unico vero Dio.
E’ questo il metodo scelto per impedire alla Chiesa di annunciare liberamente e apertamente il Vangelo relegando la religione in sacrestia. Ponzio Pilato aveva di fronte la Verità e non la riconobbe: la Verità fu crocifissa dalla maggioranza che gridava: “a morte, a morte!”. Oggi come allora è la maggioranza che detta legge, che fa la verità e che ha ormai dettato al mondo, con il relativismo anche tecnologico, che l’impegno dell’uomo sulla terra dev’essere semplicemente una prassi comunitaria, per costruire un regno di benessere nel tempo presente, perché come disse Lorenzo il Magnifico: “chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza”, rendendo vano così il messaggio di Dio sulla terra. Da qui nasce anche l’etica relativistica: se la maggioranza dice che si può fare l’aborto, l’aborto è giusto; se dice che si può fare l’eutanasia, eutanasia è giusto; diventa veritiero, giusto ciò che la maggioranza ha stabilito attraverso leggi, ma è il parere della maggioranza non è la verità oggettiva . In questo modo non ci sono più principi etici assoluti, naturali, non c’è più legge morale naturale che sia già stabilita dall’Alto, inscritta nel profondo del cuore umano, ma è l’uomo che si costruisce le sue leggi e fabbrica le sue verità. Se si continua così si va verso l’anarchia assoluta, l’uomo posto al di sopra di tutto e di tutti si fa dio, diventando strumento del male, non sapendo più distinguere il vero Bene, finirà col distruggere se stesso.
Cosa possiamo fare noi? Scendere a compromesso, accettando la mentalità corrente che relega la fede a una esperienza intimistica, personale, impegnandoci solo sul piano pragmatico, sociale, collaborando con tutti gli altri per costruire unicamente un mondo migliore sulla terra, rinunciando all’annuncio di speranza che Gesù è venuto a portare all’umanità?
Non basta la sola testimonianza, perché anche “ la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata – ciò che Pietro chiamava “dare le ragioni della propria speranza” (1Pt 3,15) – ed esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù” ((Paolo VI, Es. Ap. Evangelii Nuntiandi. n.22). La cultura tecnocratica-relativistica finirà col fare a meno anche di noi, affermando di rispondere meglio e prontamente dei cristiani ai bisogni dell’uomo, costruendo bambini a chi li chiede, procurando la morte a chi la desidera, fornendo mezzi abortivi per pianificare le nascite, accettando unioni contrarie alla intrinseca natura umana. Questa è la situazione a cui andiamo incontro. Vogliamo lasciarci mettere il marchio sulla fronte e sulla mano destra per poter comprare, vendere, agire (cfr Ap 13,16 )? Dico questo non per scoraggiarvi, ma per dire ancora una volta che l’esperienza cristiana dev’essere sempre più un’esperienza viva, forte, anche a costo del sangue! Un’esperienza cristiana non intimista, ma formidabile di comunione con Dio e i fratelli, una forte esperienza di Dio nel vissuto quotidiano. Dio deve trasparire nel quotidiano da ogni nostro operato, anche se quell’operato che facciamo proprio in virtù della verità, della forza della verità e della giustizia, ci rende invisi agli altri. Il cristiano è e rimane, purtroppo, come Cristo, pietra di scandalo, pietra di inciampo per quelli che non credono, ma per i credenti è tutta un’altra storia.
Il nostro agire sia conformato a Cristo Signore, seguendo anche il consiglio del Signore: semplici come le colombe, astuti come i serpenti, semplicità, purezza e prudenza nel nostro agire, tutto in conformità al pensiero di Nostro Signore Gesù Cristo. Continuiamo ad essere luce del mondo, sale della terra e a credere che l’umanità, di fronte alla luce di verità, alla luce suprema di Cristo Crocifisso, elevato da terra come su un candelabro, apra gli occhi sugli orizzonti infiniti creati dal Signore. La luce di Verità possa splendere attraverso ciascuno di noi. E l’uomo, che in fondo ha questo gusto della verità, questo senso ancora di appartenenza alla luce eterna, che il Creatore ha acceso nel cuore di ogni uomo e continua a brillare se pur fiocamente, saprà discernere la Verità, e sicuramente si avvicinerà a Cristo, si lascerà conquistare e aderirà al popolo dei credenti, al popolo dei cristiani e a quel Regno che si trova sulla terra, ma non è di questo mondo!
Padre Giuseppe