“Scrivo questo diario per amore. Per amore di Napoli che in questi ultimi tempi vive ancora nella notte . Scrivo perché la notte passi presto e Napoli possa essere di nuovo baciata dal suo caldo sole. Scrivo per Amore e grido: quante Napoli conoscete?Una?…Quella della camorra, dei delitti sotto casa …della spazzatura, del degrado ambientale, delle periferie abbandonate, delle case che mancano? …O forse conoscete la Napoli del mandolino, della pizza, degli spaghetti, del “funiculì, funiculà”? Anche questa è Napoli. Se però ci fermassimo solo a tale superficiale giudizio, non la staremmo guardando dentro…” “L’omertà più grande sarebbe quella di non andare al fondo di una realtà che prima di essere sotto gli occhi di tutti , chiede di trovare un posto nel cuore di ciascuno”… “Se sono vescovo a Napoli è per restituire la speranza e per rinnovare insieme ai fratelli che il Signore mi ha affidato l’amore per la città”.
Nel suo ultimo libro “Non rubate la speranza” il nostro pastore racconta Napoli al di là dei suoi aspetti folcloristici e “fumettistici” al di là degli stereotipi, con il coraggio di non trascurarne “la sua faccia dolorante e patetica” e con la capacità di andare “oltre”. E quell’ “oltre” si chiama “Speranza”. E’ la speranza di chi non si rassegna perché “la mia speranza è radicata nel Vangelo di Cristo”.
A presentare il testo, martedì 13 maggio, sotto il patrocinio del Cuore Immacolato di Maria, in un luogo simbolico per la città di Napoli, quale il monastero di S. Chiara, quattro nomi prestigiosi quali il cardinal Bagnasco, presidente della Cei, il filosofo Aldo Masullo, Gianni Riotta direttore del TG 1 e Andrea Riccardi, responsabile della comunità di S. Egidio.
Il cardinal Bagnasco rinviene tre chiavi di lettura nel testo, una sorta di filo conduttore :“la FEDE, la SPERANZA, la fierezza” ed ha asserito che il titolo alternativo del libro avrebbe potuto essere “Il cuore di un vescovo”, quello di una sentinella che non si stanca di vegliare sulla propria città , che non teme di raccontare “il vero volto dolorante di Napoli” e di farne una denuncia dei suoi mali e cita : “La nostra chiesa sceglie di non tacere di fronte all’ingiustizia”. Bagnasco fa appello a “tutte le istituzioni, a tutti i cittadini, a ciascuno di noi, nel cercare di coltivare un’educazione più profonda ai valori della legalità, della tolleranza della giustizia, della solidarietà, che fanno parte della cultura italiana e della cultura di Napoli”.
Nel citare i “testimoni della speranza” menziona quanto il nostro pastore rinvenga tra essi i sacerdoti e le parrocchie, “una chiesa di popolo” capace di perseguire “una santa ostinazione nel bene”, una chiesa che non si sostituisce alle istituzioni, una chiesa capace di farci riscoprire quella speranza che ci viene rubata dai mercanti di morte, nella quale poter riscoprire la forza dell’Amore”. E’ solo quando ci sentiamo amati davvero che ci sentiamo rinascere, che vediamo la luce anche nella notte. Non c’è speranza senza fede, ma non c’è neanche speranza senza carità. Menzionando il capitolo VI del libro, riferisce che “la vera speranza possibile nasce dall’Eucaristia”,fonte della vera fede e carità perfetta. E a Napoli la fede ha radici profonde. E’ necessario rintracciare le proprie radici per ritrovare la propria identità”.
Attraverso quali direttrici Napoli ritrova se stessa?
Sottolineando la laicità del progetto del cardinale, il filosofo Masullo afferma l’importanza garantita dal cardinale alla coesione sociale e alla relazione, prerequisiti indispensabili sia della vita sociale che di quella politica. E’ la consapevolezza che “ciascuno di noi è fratello degli altri”. E ciò concorda con il sentimento della “pietà” che non è “solo legame solennizzato con Dio, ma è consapevolezza del nostro “legame di uomini”, è “relazione”. In questo Masullo rinviene il senso del libro e sottolinea la capacità del cardinale non solo di mettere insieme nella propria scrittura “il rosso del sangue con quello delle pizze”, ma soprattutto della parresia, “il coraggio di dire la verità ai potenti, mentre oggi si chiede che sia il potente a dirci la verità”.
E cita dal testo: “…chi ha messo in croce Gesù aveva intenzione di tappargli la bocca….oggi attraverso la sordità, l’indifferenza e l’egoismo, si tenta di zittire la parola di verità”. E’ necessario dunque ritrovare il coraggio della protesta, di una speranza fondata sulla responsabilità, sull’impegno, sulla FRATERNITA’, che per diventare operante deve consistere nella “costruzione di un’opera in cui io e lui siamo entrambi coinvolti e nella quale crediamo”.
All’intervento di Masullo, è seguito quello di Gianni Riotta, direttore del TG1 il quale ritrova nel libro del cardinale tre libri in uno:1) Il saggio su Napoli che “ci narra i mali della città ed il fallimento della speranza tecnocratica” 2)La teologia del sud (“le persone che si affidano al cielo per la salvezza dell’anima e per vincere al lotto”), ed un terzo livello, quello più originale che fonde i primi due. Il cardinale crede profondamente che i problemi della comunità a Napoli non si possano risolvere se “non c’è conversione della comunità…se non rivoltiamo Napoli come un calzino”. Riotta individua nel testo un filo conduttore: la frase di Giovanni Paolo II Non abbiate paura. “Per non aver paura devi affidarti a qualcosa di più grande….” “Oltre Gomorra c’è la città di Dio, quella della luce”.
“Quello di Sepe”, ha affermato A. Riccardi, fondatore della comunità di S.Egidio, “è un libro d’Amore per Napoli e i napoletani, che rifiuta i luoghi comuni e squarcia il velo delle sofferenze della città, ma senza scandalizzarsi e senza rinunciare alla speranza”. Secondo Riccardi “Napoli sta diventando periferia”. E’giusto ricordare che è proprio baciando la terra di una periferia per eccellenza, quale Scampìa, che il cardinale ha dato inizio al suo ministero nella terra partenopea.
Riccardi ha voluto sottolineare quanto oggi si avverta forte la mancanza di un “centro”, la sensazione di spaesamento, la “sete di Padre” nell’individualismo dilagante e rileva quanto il cardinale risponda a queste esigenze, indicando nella “cattedrale” il centro della città e parlando di un “destino comune” e di un padre (quale il nostro vescovo)" che ha il cuore aperto a tutti”. Lo stesso miracolo di S. Gennaro è un evento che fa sentire la gente parte di un’attesa comune, parte di una comunità.
La Chiesa di Napoli “deve diventare compagna di speranza per gli uomini periferici”, .…..deve essere risorsa di speranza e dare identità”. Il genio del cattolicesimo, per Riccardi, è coniugare lo spirituale con il sociale .Quanto più una comunità è vicina a Dio tanto più è vicina al popolo. E’ proprio questo il messaggio che essenzialmente il nostro vescovo ci trasmette. Per citare le sue parole:
“Nessuno deve poter pensare che la Chiesa di Napoli resti con le mani in mano o si rassegni al malaffare, alla corruzione, al degrado, alla mancanza di rispetto delle normali regole della convivenza civile, dell’ambiente, della legalità. Non ci lasceremo più prendere da quell’apatico atteggiamento di chi non senza malizia ci ha insegnato a dire “Accussì addà ì” . Con un ossimoro il nostro vescovo ci insegna che per essere in pace, c’è bisogno di una sana inquietudine”. Bando alla rassegnazione. “Per far risorgere Napoli c’è bisogno di rivoltarla come un calzino…” “Non sono un sociologo né un politico, non ho soluzioni tecniche. Sono un vescovo che ha posto la speranza contro ogni speranza umana solo in Dio.
Questo lo dico a coloro che hanno piegato la testa alla violenza e alla corruzione; agli stanchi e agli sfiduciati; ai tanti che si sono rassegnati ed hanno incrociato le braccia: RIVOLTATEVI! Una rivolta che sgorga dall’Amore, costruttiva, duratura, è possibile, necessaria perché dettata dall’amore per l’uomo e dal senso di giustizia”.
NON INCROCIAMO LE BRACCIA, NON RASSEGNAMOCI, NON RESTIAMO A GUARDARE!
Gabry