Mentre il cammino sul disegno
di legge sui diritti dei conviventi
(DICO) prosegue la sua marcia in Senato e all’indomani del
Family Day,
cerchiamo di comprendere la nostra posizione in questo caos in cui il dibattito
acceso tra le forze politiche rischia di ridursi a pura “lotta ideologica” spersonalizzata
e spersonalizzante.
Come il Family Day ha dimostrato ampiamente, non possiamo, noi cattolici,
essere semplici spettatori muti ed apatici di fronte allo svuotamento e
all’attentato che si sta perpetrando nei confronti della famiglia.
Il Concilio
Vaticano II la definisce “intima comunità di vita e di amore coniugale fondata
dal Creatore e strutturata con legge propria”. La Gaudium et Spes ha ribadito che “l’istituto del matrimonio ha stabilità
per ordinamento divino e perciò questo vincolo sacro, in vista del bene sia
dei coniugi che della prole, che della società, non dipende dall’arbitrio
dell’uomo”. Sono queste le parole che il Papa ha rivolto ai
partecipanti ad un convegno sulla legge naturale lo scorso febbraio. Ed ancora
ha sottolineato: “Nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta
dal Creatore senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che
costituisce il suo fondamento basilare”. Spesso il Papa ha
parlato di un Diritto Naturale, una “sorta di grammatica iscritta nel cuore
dell’uomo” inteso come “essere che si pone in relazione”. Questa legge
è comune a tutti gli uomini e permette loro di fare il bene e di evitare
il male. Dalla legge morale dipendono gli “imperativi etici”, delle norme che precedono
le stesse leggi umane, dal momento che – sono sempre parole tratte dall’insegnamento
del S. Padre - “Ogni ordinamento giuridico trae la sua legittimità dal suo
radicamento nella legge naturale”. Questa legge è riconoscibile sia per chi
guarda la realtà con gli occhi della fede, sia per chi non ha questo dono. Essa
è comune a tutti.
Il vero problema è che oggi questa
legge viene ignorata: per questo il Papa continua a lottare contro ogni forma
di relativismo “che distrugge l’anima della società”. E’ inoltre altrettanto
importante far riferimento a quanto afferma il Magistero tramite la Nota del Consiglio Episcopale a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di
iniziative legislative in materia di unioni di fatto: “Siamo convinti del
valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della
società intera…Poter avere la sicurezza dell’affetto dei genitori, essere
introdotti da loro nel mondo complesso della società, è un patrimonio incalcolabile
di sicurezza e fiducia nella vita. E questo patrimonio è garantito dalla
famiglia fondata sul matrimonio, proprio per l’impegno che porta con sé:
impegno di fedeltà stabile tra i coniugi ed impegno d’amore ed educazione dei
figli.
Anche per la società l’esistenza della famiglia è una risorsa
insostituibile, tutelata dalla stessa costituzione italiana. Anzitutto
per il bene della procreazione dei figli: solo la famiglia aperta alla vita
può essere considerata
vera cellula della società perchè garantisce la
continuità e la cura delle generazioni. E’ quindi interesse della società e
dello stato che la famiglia sia solida e cresca nel modo più equilibrato
possibile. A partire da queste considerazioni riteniamo la legalizzazione delle
unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano
sociale ed educativo”. Quello di cui noi cristiani, troppo spesso assopiti, non
ci rendiamo conto è che “è in gioco il nostro futuro proprio perché potremmo
trovarci di fronte ad una reazione a catena dall’esito imprevedibile” come
afferma il teologo e vescovo Bruno Forte. Qualcuno, infatti, potrebbe
continuare nell’ “escalation” fino ad arrivare al compimento dei Dico sotto
forma di PACS e poi di matrimonio tra persone omosessuali e poi all’adozione di
bambini da parte di coppie gay.
Guardiamo al di là del
dibattito politico ed ideologico, al di là
dei diritti degli adulti, guardiamo la questione con gli occhi dei
bambini, cercando di evidenziare i rischi che l’approvazione dei Dico
comporterebbe.
Come possiamo credere che sia indifferente per un bambino crescere con
un padre o una madre, visto che la famiglia è il luogo privilegiato degli
affetti dal quale il bambino attingerà sicurezza per affrontare la
vita? Non si sta mettendo qui in discussione la capacità di amare da parte
degli omosessuali, ma piuttosto evidenziare che ogni bambino ha la necessità di
avere come punti di riferimento un uomo ed una donna, pena una crescita squilibrata.
Guardiamo ai rischi dei Dico con gli occhi di un giovane. Il pericolo
dei Dico è che essi si pongono sullo stesso piano del matrimonio. In
un’epoca in cui si rifuggono le scelte decise, essi sono una “sorta di via di mezzo”,
i giovani imparano, così, che nessuna scelta è definitiva.
Il
riconoscimento delle convivenze, in pratica, favorisce un atteggiamento di deresponsabilizzazione.
E’ una legge, infatti, che prescrive più
diritti che doveri, favorisce la scomparsa delle differenze tra uomo e donna,
tra bene e male.
Porta i giovani a non
assumersi responsabilità durature, dal
momento che ai conviventi viene garantito tanto quanto ad una coppia di
coniugi.
Il sociologo della famiglia,
Prandini, ha sottolineato che “si sta
aprendo una dicotomia piuttosto ampia tra la famiglia generativa, quella con i
figli, rispetto a cui lo stato interviene e detta regole, anche ferree, ed il
rapporto di coppia che è lasciato andare a se stesso e tende ad una semplice
“contrattualizzazione tra partner”. Nel disegno di legge,
infatti non si accenna alla questione dei figli ma il tutto si riduce ad un
rapporto a due, un rapporto di mutuo aiuto. Dov’è finito l’impegno,
l’amore, la responsabilità
che dovrebbero caratterizzare la famiglia? Dov’è il legame stabile e duraturo
tra un uomo ed una donna? Come potranno i figli essere educati alla
responsabilità, all’accoglienza, alla reciprocità?
Se all’edificio della nostra società si toglie uno dei pilastri
fondamentali, prima o poi esso crollerà. La costituzione ha
riconosciuto
un ruolo fondamentale alla famiglia per la nostra società. Con quanti miriadi di
punti di riferimento arriveremo a confrontarci? A che punto arriverà la nostra
schizofrenia collettiva? In un paese in cui nascono sempre meno bambini, come
si affronterà il problema della denatalità? Con i DICO?
Ci si preoccupa tanto di dare una
forma giuridica alle coppie di fatto e non
si sostiene e promuove la famiglia con tutti i problemi che le gravano
addosso: il lavoro, la casa, gli anziani, come riuscire ad arrivare a fine mese
e così via….Che strano paradosso è questo! Ma che futuro stiamo
preparando?
Ritornano attualissime e preziose le parole pronunziate dal S. Padre
nel Convegno di Verona: “Un’educazione vera ha bisogno di risvegliare il
coraggio delle decisioni
definitive che oggi vengono considerate un
vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per
crescere e raggiungere qualcosa di grande….Da questa sollecitudine per
la persona umana e la sua formazione vengono i nostri “no” a forme deboli e deviate
di amore e alle contraffazioni della libertà…In verità questi “no” sono
piuttosto dei sì all’amore autentico…” ed ancora “E’ necessario fronteggiare
con determinazione e chiarezza di intenti il rischio
di scelte politiche e
legislative che contraddicono fondamentali valori e
principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere
umano….evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione
che contribuirebbero a destabilizzare la famiglia, oscurando il carattere peculiare
ed il ruolo sociale insostituibile della famiglia e del matrimonio”.
Diamo il nostro impegno e la
nostra testimonianza, diamo quel SI’ che come “credenti in Cristo diciamo
all’uomo amato da Dio”, restiamo fedeli agli inviti del “dolce Cristo in
terra”, come Santa Caterina da Siena definiva il Santo Padre, facciamo delle
nostre famiglie dei cenacoli fondati sulla preghiera e sul nutrimento della Parola
di Dio e la nostra casa, le nostre famiglie, cellule primarie della società,
non saranno costruite sulla sabbia rischiando di far crollare l’intero edificio
sociale.
Gabry