Tutti siamo ormai consapevoli che l’epoca in cui viviamo è in continua trasformazione, ed i messaggi e le proposte che vengono offerti dal mondo della cultura o dello spettacolo variano in modo talmente veloce da risultare spiazzanti. Il rischio è di non riuscire più a discernere ciò che è importante da ciò che non lo è, di percepire in maniera drammatica l’assenza di modelli di riferimento o, nei casi più gravi, di strumentalizzare anche le persone per ottenere fini di immediata fruizione, come se si trattasse di merce “usa e getta”. È una situazione diffusa soprattutto nelle società occidentali e, per quanto mi riguarda, sono posto nella condizione di osservarne gli effetti sugli adolescenti, con i quali il mio lavoro di docente mi porta a contatto ogni giorno. Lo spirito della mia consacrazione, inoltre, dà al mio dialogo con i giovani una marcia in più nella direzione di una maggiore condivisione dei loro problemi.
Posso dunque affermare che, a prescindere dai problemi legati all’età, i ragazzi di oggi sono segnati da un profondo senso di insicurezza ed incertezza, che il più delle volte induce a scegliere stili di vita volutamente superficiali o imprudenti, come ci si aspetta da chi non ha nulla da perdere. Sono cambiate le modalità del rapporto con i genitori, molto meno presenti nella vita dei figli; la scuola non soddisfa, perché percepita non al passo con i tempi; il rapporto con il trascendente è sempre più soffocato da un’ autentica valanga di offerte materiali, che appagano tutto e subito; la televisione, poi, scopertamente al servizio di interessi economici, relativizza anche i sentimenti più belli, con una autentica pornografia del privato e dell’intimo che in alcuni casi ha effetti deleteri sul modo di autopercepirsi e di impostare i rapporti con il prossimo. Tante volte mi chiedo, dinanzi alle loro evidenti affettazioni sentimentali, se i giovani siano coscienti della differenza che intercorre tra finzione e realtà. Il mio lavoro di docente, poi, mi pone dinanzi anche ad un’altra realtà, forse non meno importante della prima. Insegno, infatti, lettere classiche e moderne, ed ho sempre amato la comunicazione letteraria e la sua capacità di indagare a fondo il cuore dell’uomo. Pure in questa direzione è fondamentale l’apporto della mia consacrazione, autentica lampada che illumina le oscurità dell’animo umano. Meditare i classici greci e latini e gli autori della letteratura italiana ed europea mi ha aiutato a conoscere l’uomo, i suoi punti di forza ed i suoi innegabili limiti, e a capire che la ricerca di senso e di risposte è la stessa da sempre. Da questo punto di vista la nostra epoca non è diversa dalle altre, perché il desiderio di essere felici, ad esempio, è il medesimo per gli uomini di tutte le età.
Cosa è cambiato, allora, oggi? È mutato, probabilmente, il modo stesso di percepirsi uomini, in un contesto tecnologico e scientifico assolutamente sorprendente e nuovo nella storia umana. Ma i valori, quelli forti, quelli che inquietano le coscienze di sempre, sono gli stessi di ieri e saranno identici anche domani. Ai giovani, dunque, occorre offrire un senso che, prima di farsi storico, sia soprattutto morale; occorre offrire loro la possibilità di confrontarsi con l’eredità che la nostra appartenenza all’umanità non può cancellare. È, del resto, lo stesso terreno su cui ha lavorato l’umanità di Dio, che si è impastata con la nostra fino a condividerne pienamente domande ed ansia di risposte. Nel Cristo incarnato e fatto uomo, insomma, razionalità e ricerca si uniscono al trascendente; cielo e terra si toccano, domande e risposte dialogano. Scindere questo binomio che Dio ha voluto misteriosamente unito significa cadere in due eccessi entrambi pericolosissimi: un fideismo assoluto che può sfociare nell’intolleranza più bieca- vedi il terrorismo-; un razionalismo a tinte diverse (edonistico, scientifico, aziendale…) che finisce comunque sempre per reificare, oggettivizzare l’individuo e la sua storia. In entrambi i casi, ne va di mezzo la dignità umana. È un pericolo da cui i giovani devono essere difesi, ed è per questo che intendo, a partire dal prossimo numero di questo bollettino, rivedere i grandi temi che emergono dalla riflessione letteraria ed artistica di ogni tempo alla luce della persona di Gesù, sperando di riuscire a presentare il Figlio di Dio non come una entità astratta che non ha nulla da dire al di fuori di una dimensione puramente religiosa o rituale, ma come uomo tra gli uomini, capace di guardare in faccia un giovane e di “amarlo”. E qui “amare” non significa parlare, ma condividere, con una decisione ed una fermezza che invoco dallo Spirito perché mi assista in questo umile servizio di terra e di cielo.